Arturo Pérez-Reverte,
L'ombra dell’aquila, Milano, Marco Tropea Editore, 2002 di Domenico Balducci
"Il Nano staccò un istante l'occhio dalla lente, se lo sfregò, incredulo, e tornò a guardare. 'Qualcuno sa dirmi che diamine è quello?'". Il Nano, Le Petit Caporal, Sua Maestà Napoleone Buonaparte, dall'alto di una collina, attorniato dai suoi attendenti, osserva il campo di battaglia di Sbodonovo, è il 1812, alle porte di Mosca. Le cose stanno andando decisamente male: il fianco destro francese è in rotta, massacrato dalla cavalleria russa. Ma proprio in quell'inferno, aquila imperiale al vento e baionette inastate, avanza ordinatamente verso i cannoni russi il 326° reggimento di Fanteria di Linea, quattrocento "volontari" spagnoli agli ordini del capitano Garcìa, apparentemente mossi da sublime eroismo, ma in realtà decisi a farla finita con la sporca guerra del Petit Cabrón disertando in massa appena giunti in prossimità delle linee nemiche.
Gli andrà male: Napoleone manda in soccorso l'impavido idiota Marat. Saranno premiati con la Legione d'onore e verranno risucchiati nella porcheria da cui cercavano di fuggire, fino a Mosca e alla disfatta che ne segue. Un piccolo libro sulla guerra, leggero e atroce. Già pubblicato in Milleottocentosessantanove. Bollettino a cura della Società per la Biblioteca Circolante di Sesto Fiorentino, n° 30, settembre 2003. |